Fancelli (Cia Umbria): «Dopo il lancio della filiera del luppolo una grande opportunità imprenditoriale e innovazione nel panorama agricolo regionale»
PERUGIA – L'Umbria ora ha la sua legge per la valorizzazione e la promozione della birra agricola e artigianale.
«Un passo importante per il settore brassicolo regionale nell'ottica di sviluppo delle filiere nel settore agricolo – ha detto Stefano Fancelli, membro del comitato esecutivo e responsabile della filiera luppolo, canapa e altre colture industriali di Cia agricoltori italiani dell'Umbria -. Come quella di aver lanciato la filiera del luppolo made in Umbria: un'opportunità imprenditoriale e un'innovazione nel panorama regionale agricolo.
Ora più che mai l'Umbria si sta caratterizzando sempre di più come il cuore della birra artigianale e agricola del nostro Paese. Siamo una regione leader nella produzione del malto d'orzo e del luppolo di alta qualità, sono in corso rilevanti progetti di filiera corta, i birrifici umbri si distinguono per qualità del prodotto e capacità di crescita: per tutte queste ragioni la legge regionale che ho sostenuto potrà dare un contributo rilevante alla crescita della filiera birraria regionale. Un nuovo passo per puntare allo sviluppo di turismo brassicolo, alla tracciabilità di un prodotto di qualità e alla promozione della filiera corta della birra made in Umbria».
Matteo Bartolini, presidente Cia Umbria, e vice presidente nazionale con delega al settore birraio, ha sottolineato come l'approvazione di una legge regionale sia stata «una scelta lungimirante su cui Cia Umbria ha creduto fin dall'inizio, con primo progetto di ricerca realizzato per comprendere quali erano le cultivar migliori da impiantare. La filiera del luppolo non limita la progettualità alla parte produttiva ma la collega alla trasformazione e ad un mercato di riferimento. Trattandosi di una cultura labour intensive può portare rilevanti opportunità di crescita del reddito per le imprese agricole del nostro territorio e offre un modello di eccellenza che si mette a disposizione di tutta la filiera agricola della birra italiana.
In questo momento di crisi generalizzata di tutto il settore agricolo – ha concluso Bartolini - , filiere innovative come questa, rappresentano opportunità utili per valutare anche la diversificazione aziendale, visti anche gli alti valori legati alla produzione lorda vendibile per il luppolo».
Cia Agricoltori italiani dell'Umbria
Ufficio stampa
Cristiana Mapelli 338 3503022
In Valnerina, ma non solo, è emergenza predatori ai danni di allevatori di Chianina
Illuminati: "Zootecnia in difficoltà, a rischio lo spopolamento delle aree interne"
PERUGIA - In Valnerina, ma non solo, è emergenza lupi ai danni ad attività agricole e zootecniche. "Il problema non è qualche lupo, come in passato, ma i branchi che attaccano con ferocia i nostri allevamenti dimezzandoli. I vitelli vengono accerchiati dal branco e feriti oppure sbranati vivi". La testimonianza è quella di Luigi Filipponi, allevatore di Cia Agricoltori dell'Umbria di Chianina a Macenano, nel cuore di Ferentillo. L'aumento della popolazione dei lupi trova conferma anche dal primo monitoraggio nazionale del Lupo (2020_2021) fatto da Ispra e che attesta a 3.300 la presenza di lupi in tutto il paese.
Come ogni anno, a giugno, fino all'inizio dell'inverno sono oltre trecento i capi di bestiame che vengono lasciati liberi di pascolare sul Monte Aspra che fa parte dell'Appennino Umbro – Marchigiano e che si trova nella provincia di Terni.
L'eccessiva presenza di lupi va a penalizzare gli allevamenti più virtuosi, ovvero quelli che hanno scelto il pascolo allo stato semi brado salvaguardando l'ambiente e il benessere animale.
"Ho 75 anni – racconta Filipponi – in queste zone i lupi ci sono sempre stati, ma ora attaccano in branchi anche da dieci e rappresentano un diverso pericolo. Da giugno avrò perso una quindicina di vitelli, una sera, durante un mi controllo all'allevamento, ho avvistato un branco da più di cinque lupi". È questo il conto sommario dei danni che oramai sono all'ordine del giorno.
Negli ultimi cinque anni le medie annue di attacchi sono di 113 denunce e 157mila euro di danni prodotti, con dati in crescita nel 2022. Analizzando l'andamento dei danni dal 2003 al 2022, secondo i dati della Regione, sulla base delle denunce emerge un evidente picco nel 2014 con 401 denunce e 351mila euro di danno accertato rispetto all'andamento medio dell'intero periodo con 176 denunce per un danno accertato di 177mila euro.
E poi c'è la profonda crisi che sta attraversando la carne di Chianina, richiesta ed apprezzata in tutto il mondo, tra l'aumento dei costi di produzione e la diminuzione del prezzo sul mercato. "Un esempio dei prezzi? Nel 2022 ho venduto vitelli per 1.800 euro, quest'anno a mille euro – conclude Filipponi -. Gli indennizzi per gli attacchi dei lupi sono irrisori rispetto alla reale perdita che subiamo sia nell'immediato che nel prosieguo delle attività già messa alla prova da costi di produzione crescenti. La Regione non ci riconosce alcun risarcimento se l'animale, come spesso accade durante un attacco di predatori quando non ritroviamo i resti dell'animale, risulta disperso. In queste condizioni non andremo avanti ancora per molto e saremo costretti a mollare".
Dei problemi del settore ha parlato Mario Illuminati membro del comitato esecutivo Cia Umbria e responsabile regionale per la Zootecnia. "Le predazioni dei lupi, oramai fenomeno diffuso in tutta la regione, sono solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo. Nella maggior parte dei casi il solo risarcimento, irrisorio rispetto ai danni provocati che sono difficilmente quantificabili, non può essere l'unica soluzione. Su tutto il territorio regionale esistono, inoltre, realtà imprenditoriali virtuose che danno un prodotto interamente allevato e nutrito all'interno della stessa azienda dove si coltivano cereali, mais o fieno per poi fare mangimi da destinare all'allevamento e che si ritrovano con danni causati dai cinghiali.
Le stime diffuse sia del numero degli animali selvatici sia dei danni probabilmente, non corrispondono alla realtà e c'è sicuramente un incrocio tra il lupo e il cane che porta ad aver meno paura dell'uomo. Serve che l'uomo riprenda il controllo del selvatico e che gli allevatori e agricoltori vengano coinvolti nelle decisioni e nelle organizzazioni delle misure da mettere in campo".
Illuminati ha poi sottolineato il fattore dei rincari dei costi energetici a cui si è aggiunto anche quello dei mangimi.
"Criticità che non trovano risposte da chi governa – ha concluso Illuminati di Cia Umbria - e che oramai rendono difficile, se non impossibile, tenere in vita un settore che non è solo un conto economico, ma anche la fotografia del vivere bene in Umbria. Se la zootecnia venisse a rischio c'è lo spopolamento di queste aree interne e della montagna presidiate dagli allevatori, con il conseguente imbruttimento dell'ambiente naturale che si ripercuoterebbe, poi, anche sui flussi turistici".
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Festa del Pensionato di Anp-Cia, da Todi le proposte anti spopolamento delle aree interne e rurali
Si è conclusa la dodicesima edizione che ha portato in Umbria oltre trecento soci di sette regioni d'Italia
Bicchi (Anp Umbria): "Riaccendiamo i riflettori sul tema dei servizi essenziali per le comunità"
PERUGIA – Si è chiusa domenica a Todi la dodicesima edizione della Festa del pensionato promossa dall'associazione nazionale pensionati e Cia agricoltori italiani dell'Umbria. Servizi essenziali anche per le aree interne, una sanità realmente accessibile, l'aumento delle pensioni minime ferme a 500 euro al mese sono le richieste principali avanzate nella due giorni dell'evento che ha radunato oltre quattrocento soci dell'Anp da sette regioni d'Italia.
"In questa due giorni abbiamo scelto di riaccendere i riflettori del dibattito sul tema dei servizi essenziali per le comunità che presidiano ancora le aree interne con enormi benefici economici, sociali a tutta la regione – ha detto Alfio Bicchi, presidente di Anp Umbria - Infatti, lo spopolamento potrebbe essere inevitabile se non si riportano i servizi essenziali nel territorio. Penso alle scuole e agli asili per le famiglie, alla mancanza di infrastrutture, alla necessità di una sanità territoriale che disinneschi quel meccanismo di assegnazione di prestazioni sanitarie ai Cup che porta in primis agli umbri over 60 e portatori di problematiche importanti, a percorrere centinaia di chilometri. Senza tutti questi elementi il rischio di un abbandono da parte di chi qua, come gli agricoltori, contribuisce ogni giorno al territorio e ai servizi della comunità è fortissimo e, mi chiedo, cosa accadrebbe se in queste zone non ci fosse più l'agricoltura?".
Le riflessioni sono poi state portate in piazza del Popolo dove si è esibita la banda di Pantalla e dove il presidente nazionale di Cia Cristiano Fini e i presidenti delle Anp di Umbria, Abruzzo, Lazio, Marche, Molise, Sardegna e Toscana sono intervenuti.
"La prima richiesta da fare – ha detto Fini da Todi - è quella di alzare le pensioni minime a chi, per una vita intera, si è spaccata la schiena nei campi. E quindi chiediamo l'innalzamento ad una quota a livello europeo minimo standard delle pensioni".
E da Cia Umbria e dal suo presidente Matteo Bartolini anche una proposta: "Con le difficoltà che il cambiamento climatico sta causando agli agricoltori in questo 2023, penso al vino, all'olio e ai cereali, seve puntare all'utilizzo di quegli strumenti tecnologici che permettano di intervenire in maniera immediata sulle produzioni agricole. E chi, se non un giovane, può essere più abile nell'utilizzo di queste tecnologie? Il ricambio generazionale diventa fondamentale. Come? Ad esempio accogliendo la nostra proposta denominata "società di affiancamento" agevolando l'ingresso di giovani in società di pensionati o di chi è in procinto di pensionamento che godrebbe anche di sgravi fiscali. Questo permetterebbe al giovane di continuare a mantenere quell'attività produttiva ma, allo stesso tempo, di portare tutti quei valori legati alla transizione digitale e puntare su una cultura più preparata ai cambiamenti climatici e al mercato".
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