Brugnoni: “Subito gli indennizzi ed un Piano di contenimento”

Non si fermano nella nostra regione le aggressioni dei lupi agli allevamenti. Sono tornati a colpire, infatti, nella zona del Monte Peglia, in comune di San Venanzo, uccidendo alcuni bovini di razza Chianina, un cavallo e diverse pecore. Le aziende interessate sono le stesse già pesantemente attaccate nei mesi scorsi ed ora rischiano seriamente la chiusura essendo prevedibile un’accentuazione del fenomeno con l’approssimarsi della stagione più fredda. “Occorre subito intervenire per indennizzare gli allevatori colpiti e per scongiurare il ripetersi di questi episodi, dichiara il presidente della Cia dell’Umbria, Domenico Brugnoni. Non possiamo continuare a lasciare le imprese agricole e zootecniche in balìa degli animali selvatici; tanto più quelle fortemente impegnate per realizzare produzioni di grande qualità ed operanti in zone marginali e svantaggiate. La zona colpita –prosegue Brugnoni- fa parte di un Parco regionale che, con la riapertura della stagione venatoria, diventa un facile rifugio per tutti quei selvatici, compresi il lupo ed il cinghiale, che vi trovano riparo essendo in essa vietata la caccia; non a caso abbiamo assistito ad una recrudescenza del fenomeno proprio in coincidenza con la riapertura della stagione venatoria. Pertanto -conclude il presidente regionale della Cia- ribadiamo quanto già da noi ripetutamente richiesto  nei mesi scorsi, cioè la necessità che le Istituzioni competenti, oltre ad indennizzare subito gli allevatori colpiti sostenendone interamente gli oneri finanziari, mettano in essere al più presto un piano straordinario di contenimento dei selvatici che, nel caso dei lupi e dei cinghiali, sono ormai diventati un vero e proprio flagello per la nostra agricoltura e per la zootecnia, peraltro già alle prese con una crisi senza precedenti.”

 

 

 

Perugia, 11 settembre 2013

 

 

Accordo latte, Cia e Confagricoltura: "in Lombardia raggiunto l'obiettivo di dare un quadro di certezze al settore, in Umbria ancora troppo lontani da adeguati livelli di remunerazione"

“Con senso di responsabilità verso il mondo produttivo le nostre Confederazioni hanno firmato un accordo per la vendita del latte alla stalla  dall’allevatore al trasformatore, valido solo in Lombardia,  per la definizione del prezzo del latte per il prossimo semestre (agosto 2013-gennaio 2014) di cui potranno beneficiare anche i non associati e che incrementa il prezzo medio del latte alla stalla di quasi il 9 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno”. Lo hanno dichiarato in una nota congiunta i presidenti di Cia e Confagricoltura dell’Umbria, Domenico Brugnoni e Marco Caprai.

Il prezzo fissato è di 42 centesimi di euro al litro, oltre ai premi qualità.

La cosa sorprendente è che l’accordo è stato contestato da Coldiretti che ha argomentato la posizione dicendo che “il mercato dei prodotti lattiero-caseari è a dir poco euforico e sul mercato interno il settore è quello che ha risentito meno la crisi dei consumi e dell’export….. “. “ Come è possibile una posizione di questo genere quando il latte umbro, che ha costi di produzione molto superiori a quelli degli allevamenti della pianura Padana, viene pagato di meno, 38 centesimi a dicembre e 40 oggi? – si chiedono i due presidenti –. Gli allevatori della regione hanno bisogno di risposte concrete e non di slogan incoerenti. Con gli slogan non si fa bilancio, non si produce reddito e non si crea lavoro”.

“La situazione dei produttori di latte umbri è pesantissima - afferma Caprai - se è vero che il prezzo del latte “spot” (quello acquistato dai trasformatori al momento del bisogno), oggi intorno ai 48 centesimi, non dà una visione corretta del mercato, fino a quando potranno resistere con costi di produzione in continua lievitazione ed una remunerazione del prodotto talvolta sotto al minimo di mercato?”

Secondo Brugnoni “è indispensabile che il latte prodotto dagli allevatori umbri raggiunga un prezzo dignitoso; l’attuale è insostenibile. L’Umbria non può permettersi di mantenere in difficoltà un settore importante come quello lattiero-caseario senza esplorare a fondo percorsi di adeguata remunerazione dei produttori”.

Perugia, 2 agosto 2013  

 

 

Chieste regole chiare e stabili per consentire agli imprenditori di investire

 Discutere le problematiche del settore e il Piano zootecnico, preadottato dalla Giunta regionale. È stato questo l’obiettivo dell’incontro che si è svolto, giovedì 25 luglio, al Park hotel di Ponte San Giovanni, a Perugia, e che ha visto protagoniste Cia Umbria e Confagricoltura Umbria. Al tavolo, infatti, Domenico Brugnoni, presidente di Cia Umbria e Marco Caprai, presidente regionale di Confagricoltura, a confronto con l’assessore alle politiche agricole e agroalimentari della Regione Umbria, Fernanda Cecchini. “La posizione di Cia Umbria – ha detto Brugnoni - è di grande attenzione riguardo al settore zootecnico, un patrimonio per la società civile, che sta subendo diverse pressioni a livello economico e normativo. È opportuno essere vigili rispetto alle dinamiche e alle regole che lo interessano. Per questo chiediamo all’ente regionale semplificazione normativa e certezza per le aziende zootecniche che vogliono continuare a produrre e investire. Chiediamo un Piano che rappresenti un riferimento valido anche per la prossima programmazione regionale di sviluppo rurale 2014-2020”. “Quello che chiediamo per il settore della zootecnia – gli ha fatto eco Caprai – sono regole certe, semplici, stabili e di lungo periodo, per garantire la libertà alle imprese di continuare a produrre e poter pianificare. Non si può concepire, per esempio, come è stato fatto, un intervento che basa le prospettive del settore sulla proroga di una scadenza prevista dal piano di tutela delle acque. Questo è un modo ancora oggi di trattare il fare impresa, di fare economia a cui non possiamo stare e lo dobbiamo dire. Chiediamo, per questo, innanzi tutto, un piano strategico di lunga durata e poi delle norme, anche in un quadro di sostenibilità ambientale, che permettano agli imprenditori di fare i loro investimenti e raggiungere i loro obiettivi”. Le associazioni ritengono necessario, che, rispetto al Piano zootecnico preadottato, venga  approfondita la questione ambientale. Chiedono, poi, una normativa che garantisca di poter mantenere o incrementare gli allevamenti e la condivisione da parte dell’ente regionale con gli operatori della filiera degli scenari futuri che si prospettano per il settore. Hanno, inoltre, sollevato alcune problematiche, per le quali si chiedono risposte, come la non competitività dell’Umbria perché ha costi di produzione più alti, rispetto ad altre regioni italiane, dovuti anche ai problemi logistici per l’approvvigionamento delle materie prime. Una questione centrale è risultata quella dello smaltimento dei reflui che possono diventare, nell’opinione di Cia e Confagricoltura dell’Umbria, una risorsa se si pensa ad un loro riutilizzo in agricoltura. “Il Piano zootecnico – ha detto l’assessore Cecchini – cerca di indagare fino in fondo i connotati del settore nella regione per renderlo più moderno e funzionale, con la possibilità di dare ai cittadini una carne qualificata, certificata e che possa competere nei mercati. Fin qui la concertazione è avvenuta con una platea molto qualificata che ha compreso anche rappresentanti della zootecnia umbra in termini di associazioni agricole, ma anche di professionalità dell’Università degli Studi di Perugia. Da oggi inizia un seconda fase di partecipazione, quella più vera con il mondo produttivo degli allevatori. L’obiettivo è quello di affermare che in Umbria si può e si deve continuare ad allevare, i bovini, i cavalli e gli ovicaprini  perché la tradizione, i connotati del territorio e tutto lo spazio rurale hanno bisogno delle imprese agricole che allevano per essere presidiati”.

 

 

Perugia, 26 luglio 2013

 

 

 

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